Il Sepolcro…..vuoto !

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la Via Dolorosa

Lasciata la valle di Giosafat, una strada in leggera salita conduce alla “Porta dei Leoni” o delle “Pecore” così chiamata perché vi sono intagliate 4 pantere scambiate per leoni o per pecore. Questa è una delle 7 porte accessibili per entrare nella città vecchia di Gerusalemme ed è il luogo dove tradizionalmente inizia la “ via Dolorosa” , la strada che fece Gesù caricato della croce per arrivare al Calvario. Siamo nel quartiere musulmano della città vecchia.

A pochi passi dall’ingresso, troviamo la chiesa di S. Anna costruita in stile romanico. Ha un’acustica perfetta e diversi gruppetti di pellegrini si cimentano a cantare “a cappella”. La tradizione vuole che questo luogo fosse la casa di Gioacchino e Anna i genitori della Vergine Maria e dove Ella sarebbe nata. Nei vangeli canonici non si parla della nascita della Madonna, ma ne parla il protovangelo di Giacomo risalente al secondo secolo. Infatti, secondo la prima tradizione cristiana, la casa dei genitori di Maria è collocata vicino ad una piscina doppia, considerata centro di cura (appunto la piscina di Betesda- una specie di luogo termale) riportata in seguito nel vangelo di Giovanni.  Gli scavi archeologici iniziati nel 1871 portarono alla luce quella che era la biblica “piscina Bethesda”.

Poco oltre la chiesa di S. Anna, si trova sempre sulla destra percorrendo la via dolorosa, la chiesa della Condanna o Flagellazione e la chiesa dell’Ecce Homo. La chiesa della Flagellazione è sormontata da 5 cupole che rappresentano le 5 piaghe di Cristo. Nell’abside interno alcune statue di cartapesta raccontano la Passione di Gesù.

Il percorso della via dolorosa si svolge attraverso il mercato dove, tanta gente si accalca tra i vari negozi del souk arabo. I pellegrini che trasportando una croce fanno la pia pratica della via crucis, si mescolano con turisti, militari israeliani ed abitanti del luogo. Delle enormi cataste di pane appena sfornato, vengono trasportati da ragazzini con minuscoli e stretti carretti adatti ad entrare in quelle viuzze da ampi gradoni che salgono verso il Golgota, attraverso questo bazar dove viene venduto di tutto: souvenir, tessuti colorati, sciarpe, vestiti, spezie profumate, incenso profumato che inonda i vicoli circostanti.

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il mercato

Il percorso che Gesù caricato della croce fece verso il Golgota l’ho sempre raffigurato come una strada in salita. In realtà mi accorgo che il percorso è reso quasi pianeggiante dalla costruzione di ampi gradoni di pietra resi lisci dall’usura del calpestio di milioni di persone che hanno percorso quel tratto di strada, la stessa che Gesù percorse oltre duemila anni fa e che mi immagino non fosse molto diversa da oggi.

Al termine di questo, si arriva in una specie di spiazzo nel quale fanno capolino le cupole della Basilica del S. Sepolcro. Si entra da una piccola porticina dove sullo stipite in alto è posto un cuscino per evitare di battere la testa. Da qui si entra in una minuscola chiesetta cristiana ortodossa e con una scala si scende nella sottostante piazza: la piazza della Basilica del Santo Sepolcro. Un grande portone ci introduce forse nel luogo più sacro per tutta la cristianità.

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pietra della deposizione

Appena passato vedo tanti pellegrini inginocchiati davanti ad una pietra di granito rosso, è la pietra dove secondo la tradizione è stato posto Gesù quando venne deposto dalla croce. A destra, una ripida scala a chiocciola porta sulla sommità della roccia del Golgota. Vi è stato posto un altare e sotto ad esso è possibile mettere la mano nel foro lasciato dalla croce. A sinistra della pietra della deposizione, c’è il S. Sepolcro: un’edicola molto grande formata da due ambienti, il primo detto cappella dell’Angelo è l’anticamera alla seconda cappella che è il luogo vero e proprio del Sepolcro. La fila per entrare è generalmente abbastanza lunga ed è regolata a seconda degli orari dalle diverse confessioni cristiane. Si entra da una porta stretta, piccola, chinandosi per non battere la testa in un gesto di umiltà

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il Golgota, luogo della crocefissione

E’ arrivato il mio turno per entrare e l’emozione è forte, non mi sembra vero di trovarmi lì nel luogo origine della mia fede..

E’ strano, ma provo un senso di felicità e di pace interiore. Riesco a pensare solo alla vita e non alla morte. In questo luogo le parole del Vangelo di Luca prendono forma: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”. In piedi sto contemplando la pietra del sepolcro vuoto e davanti ad esso si completa la mia fede ma lasciandomi molti interrogativi. Vorrei rimanere ancora lì, ma un prete ortodosso mi fa cenno che è ora di uscire per lasciare posto ad altri pellegrini. Esco da quella piccola porticina, con le lacrime che mi rigano il volto.

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ingresso al S. Sepolcro

Chi si ferma è perduto….o è preso a sassate!

Erano le 4 a Medjugorje, e quella si preannunciava essere una bella mattinata d’agosto.
Era fresco, forse uno degli unici momenti freschi della giornata, e con una buona parte del gruppo decidemmo di salire il Krizevac, il monte che sovrasta la cittadina.
medj2Con allegria e spensieratezza iniziammo il percorso quando, bloccato alla prima stazione della Via Crucis, vedemmo un gruppo che all’apparenza sembrava come il nostro.
Si erano forse persi? Stavano aspettando qualcuno? Si era creata una coda per la troppa gente?
No, tre dei loro componenti erano in preda ad una possessione demoniaca.
Urla, grida, bestemmie…
Vi dirò, lo spettacolo non fu affatto piacevole, e appena potemmo cogliere l’occasione, “sorpassammo lestamente” quel gruppo.
Ad essere sincero, e qui posso dirlo, scappammo a gambe levate.
Da giovane ero solito scalare, ma mai nella mia vita ricordo di essere riuscito a salire un monte così velocemente come quella volta.

Non potevo sapere che il peggio doveva ancora venire.

La sera dopo cena decidemmo di andare a fare un Rosario alla croce blu, e ancora oggi mi chiedo come fosse possibile aver scelto la peggior alternativa tra tutte.
Perché alla fine, decidere di passare dalla strada più volte battuta e ormai conosciuta non ha alcun senso, quando puoi perderti tra i campi di Medjugorje, no?
Con animo gioioso e armati di torcia, passammo quindi per i campi, ridendo e scherzando accompagnati da una piacevole brezza estiva.
Ecco però un grido provenire dalla parte finale del gruppo: “Pierluigi, mi hanno colpito con un sasso!” urlarono.
Lì per lì non ci diedi troppo peso, in fin dei conti poteva essere stato uno di noi ad averlo involontariamente sollevato con un piede.
Li esortai a continuare a camminare perché “lì in fondo c’era sicuramente la croce blu”.
Ad un certo punto mi fermai, avevo tre strade davanti…dove andare? Ci eravamo persi?
Iniziammo a discutere tra di noi, quando una pioggia di sassi inizio a colpirci: chi alle gambe, chi alla schiena e chi sulle braccia.
Immaginate la scena. Una decina di persone nel buio più completo, nei campi più sperduti, che venivano colpiti ripetutamente da sassi provenienti da chissà dove.

“E’ il diavolo!”, urlò qualcuno.

Ci guardammo per una frazione di secondo, per poi iniziare a correre come se non ci fosse un domani, spaventati ed agitati.

Due volte nella stessa giornata, era un record.

Quella sera finimmo tutti al un bar, era l’unica possibilità per riprenderci da un’esperienza così traumatica. Solo a mattina venimmo a sapere che erano stati dei ragazzi, nascosti tra i vigneti, a lanciarci quei piccoli sassi.

E voi, come vi saresti comportati?

Fatima, la luce sul mondo.

13 maggio del 1917. Era la domenica precedente l’Ascensione e tre piccoli pastori di 10, 9 e 7 anni dopo aver partecipato alla S. Messa, andarono a pascolare il gregge in una radura chiamata “Cova de Iria”. Era una grande radura di terra disconnessa con qualche piccolo leccio. Fu su uno di quei lecci che, dopo un lampo improvvmadonna fatimaiso, apparve una signora rivestita di luce. I ragazzi ne ebbero timore ma la bella signora disse: “non abbiate paura, sono del cielo”.

A Fatima, tutto iniziò così.

A Lucia, Giacinta e Francesco la Vergine apparve ogni 13 del mese da Maggio ad Ottobre, chiedendo ai ragazzini penitenza per i “poveri peccatori” e lasciando loro tre segreti.

Oggi Fatima conta circa 12 mila anime ed è un paesino ubicato nel comune di Ourem nel cuore del Portogallo. Non esistono nè ferrovia né tantomeno un aeroporto. Vi starete chiedendo come si arriva in questa piccola oasi sperduta della valle portoghese. Ebbene, la cittadina dista solo 120 kilometri da Lisbona percorribili tramite pullman di linea. Il percorso, a differenza di quello che porta a Medjugorje, è lineare. Appena usciti dall’autostrada, ci accolgono loro Lucia, Giacinta e Francesco che, come delle guide, ci indicano il cammino.

Ed ecco Fatima!

Si apre subito davanti ai nostri occhi la Cova de Iria: quello che al tempo delle apparizioni era una pietraia disconnessa, oggi è una grande piazza in cui svetta nella parte alta la Basilica. A sinistra del piazzale la Cappellina delle Apparizioni: una minuscola cappella avvolta in una struttura di vetro che racchiude la statua della Vergine.

Certamente oggi Fatima si presenta al pellegrino in una veste ben diversa da come era al tempo dei pastorelli: moderni alberghi e negozi, che in maniera molto discreta, fanno da contrappunto alla spianata di Cova de Iria.Ma se qualcuno volesse rendersi conto di come fosse la zona al tempo delle apparizioni, è sufficiente percorrere il sentiero che si sviluppa dalla Rotonda Sud verso Valinos, Cabeco e Aljustrel, e perdersi tra i terreni incolti, i lecci e l’eucalipto che qua cresce rigoglioso. È qui che il pellegrino può percorrere la Via Crucis e ritrovare sé stesso.

Su Fatima sono stati scritti fiumi di inchiostro e sui segreti che la Vergine ha rivelato ai tre pastorelli si sono spese parole all’infinito; in special modo sul famoso terzo segreto.

E allora perché andare a Fatima?

Perchè è il luogo in cui si possono chiedere delle grazie, in cui il pellegrino rafforza la fede e si immerge in quella profonda e personale preghiera che solo il credente può comprende.

Ma soprattutto, perché Fatima è il luogo in cui il pellegrino si ferma e dice “Grazie”.

Medjugorje…terra di pace o di sassi?

La guerra dei Balcani era appena terminata quando mi venne chiesto di organizzare un medjpellegrinaggio a Medjugorje, con un po’ di timore, per la logistica del viaggio e per quello che avrei trovato arrivato là, decisi di viaggiare in nave da Ancona a Spalato imbarcando il bus che poi ci avrebbe portato attraverso i monti a destinazione.
La traversata, di notte, in comode cabine, quella per l’accompagnatore, la migliore ovviamente, direttamente posizionata sopra i motori, mi vide insonne e trepidante, ansia? Paura? Viaggio verso l’ignoto? No, i motori a tratti asmatici, a tratti martellanti sconquassavano la cabina facendo cigolare i mobili e impedendo il sonno….ma alla mattina ecco Spalato….bella, vacanziera con le palme (che fanno sempre croisette..), nobildonna con il palazzo (di Diocleziano…293 D.C.), imponente e, dietro nelle viuzze tutto il resto di un’architettura che racconta dei popoli che via via hanno dominato l’Adriatico…ma la nostra meta era Medgiugorje…
Si fa dogana e poi via per strade di montagna, piccoli paesi con le case mitragliate (Io sono nato negli anni ’50, non le avevo mai viste….) il filo bianco e rosso a delimitare i campi, ma non erano i soliti lavori stradali interminabili all’italiana…erano le “recinzioni” dei campi minati…piccole chiese aperte come carciofi da qualche bomba, minareti mozzati…. Ma più sconvolgenti di tutto… i volti delle persone, ancora attoniti, sopravvissuti a una guerra assurda, osservavano questi dell’occidente che dopo aver combattuto in qualche modo nella loro guerra, adesso si fiondavano a frotte con i bus, i preti e i rosari per andare dove? Verso un paese neppure segnato sulle carte stradali, chissà cosa pensavano di noi…
In questo contesto, curva dopo curva, sasso dopo sasso ecco Medjugorje. Dovete sapere che in bosniaco il termine “Medjugorje” significa “paese tra i monti”, e una volta lì capii subito il perché i suoi abitanti la chiamavano così: montagne, montagne ovunque.
La prima cosa che mi saltò all’occhio dopo l’ultima curva fu la chiesa di San Giacomo o Santuario della Regina della Pace. Una chiesa troppo grande per il numero di abitanti, ma troppo piccola per la quantità di pellegrini che da ogni parte della terra accorrono in questo luogo alla ricerca della pace. E tutt’intorno? Beh, a parte qualche casa e qualche pensione tutto ciò che si notava era la distesa enorme di sassi. Sassi, sassi, solo sassi.
Ma cominciamo il nostro viaggio, partiamo dal Podboro o collina delle apparizioni. All’apparenza è un’enorme pietraia la cui salita è resa difficile dalle pietre lisce ed instabili; qua e là, lungo la salita, notiamo delle formelle di bronzo raffiguranti i misteri del rosario. Sulla cima la statua di marmo della Vergine Maria indica il punto in cui i 6 veggenti vedevano regolarmente la Madonna. Poco sotto, dall’altro versante del monte, troviamo una croce blu anch’essa simbolo delle apparizioni.
Per finire il Krizevac, sulla cui sommità nel 1933 venne posizionata una croce per ricordare i 1900 anni dalla crocifissione. Lungo il percorso sono state posizionate le stazioni della via crucis.

Questa è Medjugorje, come potete immaginare è un paesino modesto. Ma quello che colpisce il pellegrino, dopo quell’ultima ed estenuante curva, è la grande fede e la pace che sprigiona questa cittadina. Qui un fedele cura lo spirito, il cuore ritrova Dio e l’uomo ritrova la sua dimensione e il suo valore nel mondo. Qui, la presenza di Maria si sente ed palpabile in ogni cosa.
A Medjugorje vai se sei chiamato e quando torni a casa non vedi l’ora di poterci tornare.

E’ la mia (prima) volta?

 

Oggi voglio raccontarvi il primo pellegrinaggio a cui partecipai.

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Avevo circa 7/8 anni ed ero, come tanti altri, un giovane e spensierato chierichetto.

Al termine della stagione estiva e prima dell’inizio della scuola, che in quegli anni iniziava il 1° di ottobre, la parrocchia organizzò un pellegrinaggio a San Pellegrino in Alpe. Per noi ragazzi, fu la parrocchia ad offrire il viaggio con il pranzo “al sacco” portato da casa.

Si partì la mattina presto dalla piazza principale di Marina di Massa con una corriera (credetemi quando vi dico che quello non si poteva chiamare pullman), e come spesso succedeva, dato che le prenotazioni erano superiori alla capacità dei posti disponibili, essi venivano aumentati con l’aggiunta dei famigerati “strapuntini”. Chi è della mia generazione sicuramente saprà cosa intendo con “strapuntini”, per chi invece non lo sapesse erano una sorta di strisce di cuoio che venivano agganciate tra i sedili esistenti, occupando di fatto lo spazio del corridoio centrale.

A noi ragazzi erano destinati i posti in fondo e quella mattina dopo aver agganciato gli strapuntini ed averci “imprigionato” nell’ultima fila si partì…….

All’inizio tutto andò per il verso giusto, ma quando dopo un po’ iniziarono le curve della montagna (neanche sapevamo dove fosse San Pellegrino in Alpe) iniziarono i problemi.

I miei amici di viaggio iniziarono a vomitare chi a destra chi a sinistra, il caldo si faceva sentire e le persone iniziarono a sudare; l’aria condizionata ancora non c’era  e l’unica presa d’aria era data da una semifinestra apribile a vasistas. Insomma, in quel contesto anch’io iniziai a vomitare…..….

Di quel viaggio purtroppo ho solo quel triste ricordo, neppure so come era fatta la chiesa. Mi ricordo solo di un grande prato, dove ho raccolto dei cardi (una specie di fiori di montagna, che ho scoperto in seguito essere fiori protetti) da portare a casa come souvenir.

Durante il viaggio di ritorno, l’autista decise di passare dall’Abetone perché, a suo dire, il percorso era meno tortuoso. All’Abetone si fece una sosta ed io andai a comprarmi della Xamamina per il mal d’auto, ma purtroppo anche sul viaggio di ritorno ci fu la replica dei problemi avuti sul viaggio di andata.

Questa fu la mia prima esperienza come pellegrino. Bella no?

 

 

Non è un blog di scienza…o forse sì?

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Vi starete chiedendo perché ho deciso di aprire un blog, la risposta è semplice: non lo so neanche io. Scorrevo tra le pagine Internet alla ricerca di un qualcosa che non fosse semplicemente un blog di viaggi che dispensa consigli sulle mete più gettonate della stagione. Non avendolo trovato, ho deciso, quindi, di crearne uno che raccontasse ai lettori cosa significhi vivere il pellegrinaggio. Vivere Maria.

È nato così “Il Vortice di Luce”, un blog che sarà più che altro un diario dove raccoglierò aneddoti, appunti e riflessioni sui miei viaggi alla scoperta dei santuari mariani.

Quindi, non mi resta che augurarvi buona lettura…e perchè no? Buon Viaggio!

 

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Sono Pierluigi, vivo a Massa e ho una piccola agenzia di viaggi. Lavoro nel turismo da oltre 40 anni e organizzo pellegrinaggi un po’ in tutto il mondo.