Abbà, Padre

 

E’ mattina quando, lasciato il nostro hotel nella zona moderna di Gerusalemme, ci avviamo verso il Monte degli Ulivi. La strada, delimitata da alberi è un susseguirsi di moderne abitazioni, alcune hanno il proprio giardino, altre sono grandi condomini. Mi salta all’occhio una cosa comune a tutte quante: i primi due piani hanno le finestre blindate da grate di acciaio per paura di lanci di sassi da parte di qualche facinoroso.

Ecco che superata la valle della Geenna, un tempo luogo dove il fuoco sempre acceso divorava i rifiuti che venivano prodotti nella cittadella, arriviamo alle mura di Gerusalemme e nel costeggiarle, noto la Porta di Sion, quindi la Porta di Jaffa a seguire la Porta Nuova, la Porta di Damasco, sempre molto vivace con il vicino quartiere musulmano con il suo mercato. Infine, alla confluenza con la valle di Cedron, si sale verso il Monte degli Ulivi. In realtà non è un vero e proprio monte come lo intendiamo noi ma una collina.

Gesù passò molto tempo sul Monte degli Ulivi e sicuramente ci passava per recarsi dall’amico Lazzaro a Betania appena oltre il colle; ed è proprio qui, alla base del Monte che avvenne il tradimento da parte di Giuda nel giardino del Getsemani.

È qui sul Monte che ci insegnò a pregare, ed è qui che pianse per Gerusalemme.

Ci fermiamo nel luogo dove secondo la tradizione avvenne l’Ascensione. La visita devo dire che lascia un po’ di amaro in bocca: l’Edicola è oggi una moschea non più adibita al culto. L’interno, è imbrattato dal guano dei piccioni che vi hanno nidificato. E’ circondata da un muro esterno ottagonale con alcuni altari sui quali il giorno della festa propria, i cristiani celebrano le S.Messe.

Proseguiamo, ed ecco che da un muro spunta una bandiera francese. Siamo arrivati alla Basilica del Pater Noster. Tutta la zona della basilica è circondata da un alto muro perimetrale. All’interno c’è un grande giardino ben curato. La storia narra che nel 1856 la principessa francese Aurelia Bossi, principessa de la Tour d’Auvergne, acquistò il terreno e le annesse rovine del vecchio santuario. La principessa, vi costruì anche un monastero per le carmelitane e dagli scavi compiuti, si trovarono dei graffiti in una grotta. Qui in questa grotta, la tradizione vuole che Gesù istituì la preghiera per eccellenza: il Padre Nostro

Lungo tutto il muro interno e nelle pareti del chiostro, 62 pannelli formati da piastrelle di ceramica, riproducono in tutte le lingue del mondo ed anche in alcuni dialetti italiani, la preghiera che Gesù ci ha insegnato: il Padre Nostro.

Che preghiera ci ha lasciato! quanta profondità! quanta bellezza! quanto Amore !

Con Gesù abbiamo imparato a chiamarlo Padre, come nessun altro lo ha mai fatto, anzi “abbà” che è forse la maniera più tenera di un bambino di chiamare il proprio genitore,  abbiamo imparato a chiedere il pane quotidiano nell’Eucarestia, abbiamo imparato a lasciarci andare tra le sue braccia nel “sia fatta la tua volontà”, come del resto Gesù stesso nel Getzemani ha chiesto al Padre che sia la Sua volontà ad essere fatta e non la sua, abbiamo imparato a chiedere il perdono per i nostri peccati ed infine gli abbiamo chiesto di proteggerci  alle tentazioni del mondo edi non abbandonarci nell’ora della prova.  Amen !!!!!

CANA L’AMORE…..DIVINO

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Oggi vorrei parlarvi di un piccolo borgo situato a soli sette chilometri da Nazareth: Cana di Galilea.

Lasciato il pullman sulla via principale, una stretta stradina lastricata, leggermente in salita con pietre ormai rese lisce dal passaggio dei numerosi pellegrini che nei secoli le hanno calpestate, si arriva al Santuario dove si ricorda il Miracolo delle Nozze di Cana. Due file di case basse costeggiano la strada, interrotte ogni tanto da qualche negozio di souvenir. Alcuni uomini sono seduti fuori dai locali a conversare tra loro; sono mussulmani, li riconosco dalle lunghe tuniche  e dal tipico copricapo. Non sono più tanto giovani, la barba bianca e le profonde rughe del viso segnano il tempo trascorso.

Poco più avanti un altro uomo ( ma le donne dove sono ? ) sgrana tra le dita il Tasbeek, una specie di rosario mussulmano, di color ambra.

Ma ecco il Santuario del Miracolo delle Nozze di Cana. È una chiesa molto semplice: la facciata è caratterizzata da due campanili non molto alti, uno a destra e uno a sinistra, che sembrano vigilare sui pellegrini che si avvicinano, in alto campeggia la croce di Gerusalemme e lo stemma dei francescani, e in basso un breve porticato ci introduce all’ingresso.

Entriamo e subito il raccoglimento, il silenzio, la semplicità e la grandezza del luogo abbracciano il pellegrino. In fondo, sull’altare maggiore ci sono sei anfore in cotto, tre a destra e tre a sinistra del Tabernacolo. Da una porta, alcuni gradini portano in una cripta dove gli archeologi hanno  trovato delle giare in pietra. Queste “giare” , ricavate da blocchi di pietra potevano contenere fino a 500 litri di acqua e servivano per le abluzioni dei giudei. Tutto in quel luogo riporta alla descrizione del miracolo che Gesù compì quel giorno e che viene narrato nei Vangeli.

A Cana normalmente le coppie rinnovano le promesse matrimoniali ed è qui che ho capito il significato delle parole che pronunciai il giorno del mio matrimonio: come Gesù, Maria e i discepoli sono stati invitati alle nozze a Cana, anche nel nostro matrimonio cristiano, Essi sono stati invitati e li abbiamo resi partecipi della festa e della nostra gioia. E se, durante la vita matrimoniale, dovesse mancare il “vino”, beh state pur certi che Maria, sempre attenta alle necessità dei suoi figli, lo farà presente a Gesù il quale provvederà al problema come fece quel giorno a Cana.

In questo luogo tutto parla di alleanza, fedeltà, in una parola….. di  amore

È tempo di riprendere il cammino, ma prima sostiamo nel negozio di fronte alla chiesa per assaggiare il vino resinato, tipico del luogo.

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