Beati……Beati……Beati…….

 

 

Con un pizzico di nostalgia lasciamo la piccola chiesetta sul lago e percorriamo un breve tratto di strada asfaltata.

Attraversiamo campi di erba bruciata dal sole, intervallati da piante di ulivi, eucalipti, coltivazioni di banane e basse palme da dattero per poi salire sulla collina dove si ricorda il discorso della montagna.

Ogni tanto, lungo il ciglio della strada, alcuni cespugli di oleandro danno colore alla monotonia del paesaggio: siamo al monastero delle Beatitudini.

Ci fermiamo al largo cancello di ingresso, dove un guardiano consegna all’autista del pullman la ricevuta del pagamento per il parcheggio e da qui, dopo aver ottenuto l’autorizzazione, entriamo nella zona del monastero.

Colpisce immediatamente lo splendido giardino e le innumerevoli specie di piante, alcune sempre-verdi come degli enormi Ficus Benjamin (le cui radici affiorano dal terreno) ed altre, con fiori sgargianti i cui colori si contrappongono al marrone della terra.

Appena scesi dal pullman ci aspetta il classico ristoro, molto ben rifornito.

Ne approfitterei subito per godermi una spremuta di melograno, ma avendo già prenotato la Messa e dovendo fare la Comunione, per il momento soprassiedo.

La vista dalla collina è unica: il blu del lago sottostante si fonde con il colore azzurro del cielo, mentre in fondo, dalla parte opposta, i monti della Siria e le alture del Golan gli fanno da corona.

A destra si intravede in lontananza Tiberiade, mentre a sinistra si scorgono gli scavi archeologici di Cafarnao.

Sul lago alcune barche trasportano i pellegrini che sperimentano l’attraversata del lago come fecero gli Apostoli.

Una leggera brezza proveniente dal mare accarezza i nostri volti.

Nel giardino, sotto i Ficus, ci sono degli altari e in alcuni sono già in corso delle celebrazioni.

Si avvicina una suora e mi consegna una chiave che apre un lucchetto; al mio gruppo è stata assegnata una cappella ricavata in una parte del giardino che forma un teatro naturale nella zona sottostante la basilica.

L’altare è rivolto verso il lago e i fedeli durante la celebrazione si trovano dinanzi sia l’altare che il lago stesso.

Alla consacrazione, quando il sacerdote eleva l’ostia e il calice, l’effetto ottico è unico perché essi si stagliano sopra il lago come a ricordarci che il creato è opera Sua.

La chiesa è a pianta ottagonale e venne eretta nel 1937 dall’architetto Barluzzi, costruita con una materiale grigio chiaro e circondata da un porticato di colonne bianche; sopra a tutto una cupola, terminante con una lanterna.

All’interno della chiesa e su ciascuna delle otto mura, sono scritte in latino le otto beatitudini, mentre sul pavimento sono raffigurate le tre virtù teologali (fede, speranza e carità) e le quattro virtù cardinali (fortezza, giustizia, prudenza, temperanza).

In questo contesto, in questa cartolina, prende forma e si interiorizza il discorso della Montagna.  Lo spirito è aiutato a comprendere la nostra insignificanza di fronte al creato stesso.

Alcuni padri della chiesa considerano il discorso della montagna come la “magna charta” del cristiano.

Per me è sempre stato difficile comprendere la ragione per la quale io debba essere beato se qualcuno mi insulta o per essere l’ultimo e non il primo. Ho sempre compreso di più l’essere misericordiosi, piuttosto che trovare la beatitudine nelle afflizioni della vita.

In questo luogo, vivendo di persona il “quinto Vangelo”, ho capito che forse fino ad oggi ho cercato le beatitudini nelle cose effimere della vita, e che il cristianesimo significa abbracciare anche queste croci, piccole o grandi, che ci sono state affidate col discorso della montagna.

Ma è ora di ripartire Cafarnao ci aspetta !!!

LA CHIESETTA SUL LAGO

 

 

 

Dal titolo, sembrerebbe quasi un romanzo rosa, uno di quei racconti dove si parla di amore e, in effetti, oggi è proprio di amore che vorrei parlarvi. In particolare di un lago, di una chiesetta, dell’Amore e della pace che lì si respirano.

Per arrivarci, si scende dalle colline di Nazareth verso il lago di Tiberiade o mare di Genezareth o mar di Galilea, dove si attraversa un tratto di montagna. A circa metà strada tra le rocce, un cartello indica “meno duecento metri sotto il livello del mare”. È strano, direte voi, come possiamo essere in montagna e allo stesso tempo sotto il livello del mare? È incredibile, ma siamo sul lago di Tiberiade.

Questo lago di acqua salata, (da qui l’appellativo di Mare) occupa una depressione creatasi sulla crosta terreste. Davanti a noi, dalla parte opposta le alture del Golan ed oltre ancora la Siria. Costeggiamo con il pullman lo specchio d’acqua fino a raggiungere un parcheggio non molto grande, e da lì ci inoltriamo in un lussureggiante giardino coltivato con piante ad alto fusto ma, ahimè, la mia scarsa conoscenza in botanica, mi porta a riconoscere solo alcune delle innumerevoli specie che vi sono piantate: l’eucalipto, una magnolia, dei pini.

Sulla destra, dei gazebo al cui interno sono state collocati degli altari realizzati con delle vecchie macine di mulino. Ma ecco in fondo alla discesa il lago e prima ancora sulla sinistra una piccola chiesetta.

La costruzione è in pietra viva.

Si entra e un altare è posto sopra una roccia che spicca dal pavimento. Su questa roccia un cartello con una scritta in latino “Mensa Christi”. In questa chiesetta, detta anche del Primato di Pietro, si ricorda il brano narrato nel Vangelo di Giovanni, in cui Gesù come un fantasma dopo la resurrezione, camminando sulle acque apparve ai discepoli e dove dopo aver mangiato con loro del pesce, cotto sopra una roccia, chiese a Pietro a più riprese: “Pietro mi ami tu?”. E Pietro ha la risposta pronta, quasi stizzita: “Signore tu lo sai che ti amo…”

Non c’è nessun avallo scientifico che il luogo fosse veramente questo, ma certamente lo spirito che aleggia porta a credere e a ripensare alla nostra fede nell’amore di Cristo. Gesù ci parla, ci consola, condivide con noi le gioie e le nostre paure, mangia con noi, rimane in mezzo a noi e anche a noi, anche a me chiede “ma tu mi ami come io amo te?” E a quel punto ti rimane solo una cosa da fare: rispondere in piena e convinta sincerità e chiedere perdono per tutte quelle volte che lo abbiamo tradito, offeso, rinnegato.

Le lacrime iniziano a rigarmi il volto e sento il Suo perdono.

Se qualcuno mi chiedesse quale luogo della Terra Santa mi ha colpito maggiormente, non avrei alcun dubbio: la Chiesa del Primato.

 

 

NAZARETH (2a puntata)

 

annunciazione E’ notte quando arrivo in hotel, un buon 4 stelle situato nella prima periferia della cittadina chiamata Nazareth Illit; è in posizione panoramica rispetto alla città vecchia, e la finestra della mia camera ha una vista stupenda sul centro abitato. Centinaia di luci illuminano la città quasi fosse un Presepe, ma tra tutte se ne scorge una molto più luminosa, un faro che fende il buio della notte nella Galilea. Non so bene cosa sia, ma immagino che dovrebbe essere la meta principale della visita di Nazareth: la Basilica dell’Annunciazione.

La mattina dopo, il pullman dall’hotel ci porta verso via Ha Galil, dove è situata la Fontana della Vergine.

Mentre le colline di Nazareth ci accompagnano lungo il breve  tragitto, scorgiamo tutte quelle abitazioni ormai in disuso costruite dentro le grotte e prive di pozzi d’acqua.
Un tempo l’unico luogo possibile dove reperire acqua potabile era infatti una sorgente in fondo al paese dove, secondo la tradizione, Maria ebbe la prima apparizione dell’Angelo. Oggi questa sorgente è conservata in una piccola chiesa ortodossa. Diversi sono i pellegrini che entrano e bevono quell’acqua che sembra possedere capacità miracolose.

E’ il primo contatto “fisico”, intendo di persona con i luoghi, le strade, le pietre, dove i piedi di Maria, di Gesù e degli Apostoli, hanno calpestato, la fonte dell’acqua da cui hanno attinto, per bere, per lavarsi.Il  Vangelo comincia ad assumere una forma tridimensionale, non più parole, non solo parole, ma adesso davanti ai miei occhi anche oggetti, paesaggi, costruzioni, una fisicità, una realtà che prima non percepivo. Certo ci sono anche i films, le ricostruzioni, ben fatte, ma spesso nei titoli di coda leggiamo che le scene sono state girate in Marocco o in Tunisia.  I films ci emozionano, ma percepiamo in essi una sfumatura di “falso”, di bello-si-ma-non-originale, che lascia un dubbio, un’insoddisfazione. Qui  tutto è autentico, certo con la modernità che si è accumulata intorno e che “assedia” i luoghi sacri e antichi, per cui sarebbe impossibile girare i films in questi luoghi, ma essere qui, di persona rende,  restituisce appieno quella sensazione, quell’ emozione, quel “vedere” il Vangelo che non abbandonerà più il pellegrino, una volta tornato a casa, alla routine, alla cultura di appartenenza, perché  in questa terra si respira anche la cultura dei popoli che  abitavano allora, e che ancora le abitano.

Ci incamminiamo verso la via Paulus Ha – Shishi e ci fermiamo in una piazzetta dove un venditore ci regala per un euro una meravigliosa spremuta di melograno, dissetandoci così dal caldo di quella mattina.

La Basilica dell’Annunciazione è poco più avanti, e la sua mole imponente sovrasta la piccola moschea bianca che si affaccia sulla piazzetta. I mussulmani, non potendo costruire una moschea più alta della Basilica, hanno affisso uno striscione in bella vista che recita: “Chiunque cerchi una religione diversa dall’Islam, non sarà mai accettato da Lui e nell’altra vita sarà perduto per sempre”.

Ci lasciamo alle spalle la moschea, e iniziammo a salire la stretta stradina che ci avrebbe portato alla Basilica. Attorno a noi bancarelle e negozi riempiono la strada spandendo nell’aria un profumo di spezie e di carne abbrustolita che ci accompagna lungo tutto il percorso. Finalmente entriamo nel recinto della Basilica e da vicino si nota meglio la costruzione detta “a capanna”,  con un motivo traforato di coronamento e al centro una statua in bronzo di Gesù. Sulla facciata, tra le fasce di pietra bianca e rosa in cui è suddivisa, spiccano queste parole: “Angelus Domini Nuntiavit Maria” e più in basso “Verbum Caro Factum est et habitavit in nobis”. E’ una chiesa moderna in cemento armato, ricostruita sulle antiche rovine di una chiesa crociata, caratterizzata dalla cupola a tronco di cono rovesciato. Una lanterna sovrasta la Basilica la cui luce è visibile a chilometri di distanza, mentre sopra di essa una croce svetta nel cielo. Con i suoi 60 metri di altezza è il monumento più grande del suo genere in tutto il Medio Oriente.

Tutt’intorno al muro di cinta ci sono dei mosaici raffiguranti Maria ognuno donato da  una nazione diversa. Si entra e subito colpisce la vastità della chiesa, ma lo sguardo vaga e cerca quello che fu il luogo dell’Annunciazione, a sinistra dell’altare maggiore, sotto il presbiterio. Si scendono alcuni gradini e ci si trova di fronte ad un cancelletto che chiude l’accesso ad una grotta. Alcuni fari illuminano il piccolo altare, ma è quella interiore la luce più forte che quel luogo riesce a donare.

Fuori dalla Basilica si possono ammirare degli scavi archeologici, alcuni reperti molto importanti sono oggi conservati nel museo situato nell’antico palazzo vescovile, nella zona nord del complesso. Tra questi vi troviamo un’incisione in caratteri greci che dice “XE MAPYA”, ovvero “Rallegrati Maria”. Ad oggi questa è la più antica invocazione alla Vergine Maria ritrovata all’interno della Grotta insieme ad altre incisioni in lingue antiche. Questo fa capire quanto questo luogo sia stato venerato nei secoli da parte di pellegrini di ogni lingua. Tutto in questo luogo parla di Maria, e di Giuseppe il suo silenzioso sposo. Anche i dintorni parlano della Sacra Famiglia ad iniziare dalla ricca Sepphoris o Zippori, distante solo 6 km da Nazareth.

Ma adesso è tempo di incamminarci dietro Gesù, Cana di Galilea ci aspetta.

 

Fatima, la luce sul mondo.

13 maggio del 1917. Era la domenica precedente l’Ascensione e tre piccoli pastori di 10, 9 e 7 anni dopo aver partecipato alla S. Messa, andarono a pascolare il gregge in una radura chiamata “Cova de Iria”. Era una grande radura di terra disconnessa con qualche piccolo leccio. Fu su uno di quei lecci che, dopo un lampo improvvmadonna fatimaiso, apparve una signora rivestita di luce. I ragazzi ne ebbero timore ma la bella signora disse: “non abbiate paura, sono del cielo”.

A Fatima, tutto iniziò così.

A Lucia, Giacinta e Francesco la Vergine apparve ogni 13 del mese da Maggio ad Ottobre, chiedendo ai ragazzini penitenza per i “poveri peccatori” e lasciando loro tre segreti.

Oggi Fatima conta circa 12 mila anime ed è un paesino ubicato nel comune di Ourem nel cuore del Portogallo. Non esistono nè ferrovia né tantomeno un aeroporto. Vi starete chiedendo come si arriva in questa piccola oasi sperduta della valle portoghese. Ebbene, la cittadina dista solo 120 kilometri da Lisbona percorribili tramite pullman di linea. Il percorso, a differenza di quello che porta a Medjugorje, è lineare. Appena usciti dall’autostrada, ci accolgono loro Lucia, Giacinta e Francesco che, come delle guide, ci indicano il cammino.

Ed ecco Fatima!

Si apre subito davanti ai nostri occhi la Cova de Iria: quello che al tempo delle apparizioni era una pietraia disconnessa, oggi è una grande piazza in cui svetta nella parte alta la Basilica. A sinistra del piazzale la Cappellina delle Apparizioni: una minuscola cappella avvolta in una struttura di vetro che racchiude la statua della Vergine.

Certamente oggi Fatima si presenta al pellegrino in una veste ben diversa da come era al tempo dei pastorelli: moderni alberghi e negozi, che in maniera molto discreta, fanno da contrappunto alla spianata di Cova de Iria.Ma se qualcuno volesse rendersi conto di come fosse la zona al tempo delle apparizioni, è sufficiente percorrere il sentiero che si sviluppa dalla Rotonda Sud verso Valinos, Cabeco e Aljustrel, e perdersi tra i terreni incolti, i lecci e l’eucalipto che qua cresce rigoglioso. È qui che il pellegrino può percorrere la Via Crucis e ritrovare sé stesso.

Su Fatima sono stati scritti fiumi di inchiostro e sui segreti che la Vergine ha rivelato ai tre pastorelli si sono spese parole all’infinito; in special modo sul famoso terzo segreto.

E allora perché andare a Fatima?

Perchè è il luogo in cui si possono chiedere delle grazie, in cui il pellegrino rafforza la fede e si immerge in quella profonda e personale preghiera che solo il credente può comprende.

Ma soprattutto, perché Fatima è il luogo in cui il pellegrino si ferma e dice “Grazie”.